Una strada senza nome

UNA STRADA SENZA NOME

La strada che ho percorso sale ottomila piedi;
il fiume che ho passato ha cento spanne di profondità; i rovi son così folti, che non si passa d’estate;
la neve è tanto alta che non si sale d’inverno.
(…)
Volto indietro la testa e pare soltanto un sogno…

Da “Le acque del Lung-T’ou” (Sun Ling 507-583 d.C.)

 

PONENTE

Come l’indecifrabile scatola nera di un disastro senza perchè, la testa di Adon Atunnis, l’antico signore della morte e del rinnovamento, riposa tra le foglie della superficie boschiva: nel giallo intenso degli aceri, nel giallo smorto dei castagni, nel rosso del cerro, nel violetto del frassino.

Sprofonda così la bellezza nell’inevitabile autunno:
il viso bendato per non vedere più… e non sentire più verbi mascherati, senza senso…

Un poeta avverte: “Si passano le stagioni / a scavare il tronco di un albero / per preparare la piroga / su cui c’imbarcheremo in autunno”.

 

NULLA SI FERMA

La foglia vestita di rosso è segnata dalla tempesta con buchi simili a fori di pallottole; il corso della storia è acefalo, la sua testa di pietra, dilavata dal vento e dall’acqua, giace nascosta in un sottobosco con la fascia nera del giustiziato: humus per un altro ciclo, la terra entrambe le accoglie.

UN FIUME DI NUVOLE

Ecco… lasciare la malinconia crogiolarsi nel grigiore di lune spente, abbandonare un ricordo velato di nero; andare
verso un fiume di nuvole azzurre

con il costume ormai scolorito di un Arlecchino e la maschera d’oro dell’ indifferenza: tutto è un sogno da buttare dietro le spalle…

UN LUNGO SOGNARE

La testa fertile di Atunnis si è aperta come il seme di un baccello e lascia intravedere il volto soffuso di una nuova olimpica bellezza.
Vita e morte… morte e vita… c’è un mondo “oltre” a quello che vediamo…
I due mascherati, che stanno ai lati del prodigio, sembrano vedere lungo, ma… dov’è l’oltre?

Uno con le braccia conserte lo indica in mezzo al cuore, l’altro invita a cercarlo lontano da sé.
Allora “l’oltre” è un posto remoto, o ha dimora nell’anima?
L’ interrogativo non ha risposta.

SENZA PIU’ VOCE

Il volto consunto dell’Esistenza ha due occhi diversi:
uno come un pertugio si affaccia nero sul vuoto, l’ignoto,
il sogno; l’altro, opaco, trasborda una lacrima che ondeggia sulla guancia come il pendolo di un tempo senza ore.
A sinistra le fanno corona due gure: l’Indifferenza e la pallida Curiosità per uno stanco presente. A destra altre due stanno avanzando: la coppia robotica, in tuta spaziale, del futuro prossimo. Un futuro alieno senza più la voce dell’anima…

LA MASCHERA VUOTA

La maschera dell’Esistenza sembra celare il Nulla dietro al sipario del suo volto. L’antica Curiosità e il robot, nuovo Adamo, sono sempre e ancora in ricerca… forse no all’esaurimento dell’animamondo! Cosa c’è oltre a quello che appare? Anche l’Indifferenza sembra nascondere il Nulla dietro all’antitetica faccia:

la sofferenza e il tempo sfuggono alla sua visuale che ama l’impassibilità, oscura maestra della stoica saggezza.

SENZA LIBERTA’

Né lacrime, né sorriso, né peccato, né redenzione per la coppia aliena, fatta non di fango, ma di un materiale inossidabile al tempo e alla libertà…
Qualche volta però il futuro perde a competere con il passato! Allora viviamo ancora così il presente del nostro strano, fangoso, fatale destino…

NIENTE DI NUOVO

L’Io e il suo inconscio osservano con disincanto il vestito elegante e vuoto della vanità.
Tutto è vanità… l’occhio rovescio del sole e il clown perplesso nel mezzo della scena lo sanno bene!

Tutto è vanità… fuoreché le belle illusioni e le dilettevoli frivolezze. Diceva proprio così Leopardi!

IL GIUSTO STA NEL MEZZO

Ma sì, non buttiamo via tutto! Un po’ di cose vane…
cedere un po’ alla tentazione. Giusto quel tanto che può stare in un angolino della prospettiva. Una piccola illusione, tanto per tirare avanti…
L’inconscio è d’accordo, e l’Io pure.
“Tutto è vanità tutto è follia in questo mondo fuorché il folleggiare” – diceva ancora così Leopardi!

LABIRINTICA SCACCHIERA

Scacco matto al Re.
Il vero padrone del gioco è lo scacco imprevedibile. Qualcuno ne ha abbastanza e se ne va: tanto vince sempre lui! Un altro ingenuamente vuole sfidarlo…
E dunque… lasciamo pure giocare, lo sprovveduto!

SCACCO MATTO

La mossa fatale potrebbe avere, metaforicamente, il volto di questa pedina.
Il quadratino che incastra nella labirintica scacchiera parla di fallimento, di sconfitta, di perdita, di morte…
Tutti, prima o poi, sono messi nell’angolo.
Non si vince la partita contro il destino.
Qualcuno è capace di tenerlo in scacco?
Anche Antonius Block, il cavaliere del “Settimo sigillo”, lo ha tentato.
Ma non ci è riuscito.

NON SEMPRE LA LUNA

Il volto della Luna non è sempre sorridente, qualche volta libera da prigionia una verde tristezza.
È opportuno svegliarsi… fuggire dal sogno, per tornare a guardare la selenica luce e ricordare un verso: “La chiara luna come bianca splende sulle tende che velano la mia stanza”…

 

SUL VOLTO DELLA LUNA
IL CIELO SEMBRA UNA TENDA

I festoni che adornano il paesaggio di pietra sono bianchi e indaco.
Lei si nasconde nei loro tenui velami. La Terra non conosce l’altra faccia; quella che ci mostra ha occhi assenti, catturati da un pensiero vago, che le sfuma sulle labbra un pallido sorriso.
La malinconia o la nostalgia, rintanate nel suo riflesso, sono pronte a ghermire il poeta. Dall’incantamento invano tenta di fuggire il sognatore: le gambe nei sogni sono di panno e non sanno correre…

GIA’ SCADE IL TEMPO

Nuvole erranti attraversano il cielo del mondo…
Fermiamoci per un istante ancora a contemplare la Vita come una Dea d’Olimpo e allontaniamo la maschera occhiuta che vuole ingannarci vestita di Arlecchino.
Fermiamoci per un istante, dobbiamo ancora decifrare l’astruso alfabeto. Forse riusciremo a trovare parole che abbiano un senso…
Fermiamoci per un istante ancora, prima che la bandierina del tempo faccia segno che è già ora di partire…

TERRA D’OMBRA

Questo colore domina sullo sfondo del teatro “EDEN”: terra d’ombra venata di sanguigno… il programma della recita è “Dalla terra si viene, alla terra si ritorna”. Una maschera senza lineamenti vela il volto della Vita: ognuno, a suo modo, li deve dipingere.

Al contrario la faccia della Morte è ben conosciuta: ha orbite grandi e ossute.
Un teatrante la porta in spalla, veste il costume losangato del maligno e ironico servo di scena, che ne inventa sempre di nuove per apparire inaspettato – “…la comandi sior paron…”, ma poi fa come gli pare…

IL GIUDICE

In tre si presentano a giudizio: la Mente, il Cuore,
la Coscienza. Si stringono timorosi nelle spalle, ognuno ha le sue pecche da confessare. Quasi all’unisono borbottano parole di giustificazione, incolpandosi a vicenda.
Il Giudice non porta né toga né tocco, indossando il costume di scena, ha voluto mettersi nei loro panni: “I vostri peccati
vi saranno rivelati nel momento stesso in cui vi saranno perdonati”, questo è il verdetto.
Una sentenza misericordiosa poiché “il mondo è una tragedia senza pubblico e solo chi vi recita partecipa”.

CONVERSIONE

Il Cuore, la Mente, la Coscienza chiusi in se stessi dovrebbero avvertire il senso di quelle parole che sentono sussurrare alle loro spalle… Sono parole che li invitano
a non essere estranei l’uno all’altro, che li invitano a volgersi insieme verso la carità, la bellezza, la verità, la giustizia.
Solo allora il Giudice svelerà il Regno: dove il tempo, senza misura, non ha più lancette; dove l’inverno sboccia in una mite nuova stagione e la neve è solo una candida piuma, un velo che copre il respiro e il silenzio…

 

LA SAPIENZA

Sulla sua fronte brilla una stella di fuoco, arde il purissimo pensiero, si manifesta il suo verbo, si irradia, con movimento e vita, in tutta la creazione e la sottrae al Nulla. Quel grumo di fango, Adamo il pulcinello, ha il ruolo, nell’infinita divina commedia, di leggere il segno della sapiente parola ma, sempre dubbioso e incerto, interpreta erroneamente il copione, recita malissimo e capisce anche meno.

Però tutto è possibile… forse verrà il giorno in cui, assieme al profeta, saprà farne l’elogio e potrà finalmente dire: “la Sapienza in Dio trova il proprio vanto… nell’assemblea dell’Altissimo apre la bocca, dinanzi alle Sue schiere proclama la sua gloria… prima dei secoli, fin da principio Egli l’ha creata e per tutta l’eternità non verrà meno(…)”.

 

La strada che ho percorso è una strada qualunque… senza nome…
una fra le tante… una sulla frontiera di Nord-Est… dove talvolta, d’inverno, il gelido vento di bora toglie il respiro e fa piangere gli occhi; dove talvolta, d’estate, il soffio caldo del sole profuma di anguria e di mirto il dorso del mare e asciuga le lacrime…

Ora, giunta quasi alla fine, quando guardo indietro, tutto ha la consistenza della nebbia…

Per meno di un battere di ciglia, per l’attimo di un respiro la lunga, lunga, lunghissima strada senza nome, ha un nome: quello di tutti e di ciascuno, un numero infinito di nomi… anche il tuo e il mio.

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